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Estrazioni sono incompatibili con territorio e ambiente

Pubblicato su da ASSOCIAZIONE INTERCOMUNALE LUCANIA

Il Tgweb Basilicatanet ha pubblicato ieri, 10 Novembre, un video riguardante la Conferenza stampa, tenutasi presso la Regione Basilicata (Sala Verrastro), in merito allo "Sblocca Italia" visibile al seguente link: (https://www.youtube.com/watch?v=bGqVgG4ZhSU#t=1020). Il Presidente della Regione afferma che "il risultato portato a casa sullo Sblocca Italia è un risultato di primordine". A seguire il Capogruppo del PD alla Camera dei Deputati che afferma "la considerazione decisiva che deve guidarci, nei prossimi mesi, è la seguente: non dobbiamo dimenticare che La Basilicata rappresenta un centesimo dell'Italia. Questo noi siamo, lo dicano i numeri, in termini di popolazione, in termini di rappresentanza parlamentare alla Camera dei Deputati. Questo vuole dire che i nostri numeri non sono numeri facili per vincere sfide complicate come quelle che abbiamo di fronte a noi. O ci uniamo per mettere avanti l'interesse della nostra comunità oppure non si vincono le partite che abbiamo di fronte a noi". Il Capogruppo prosegue l'intervento mostrandosi attento alle "preoccupazioni, alle inquietudini della piazza, di chi a dubbi sulla faccenda petrolio". Sarebbe opportuno comunicare al Capogruppo alla Camera che molti di noi non hanno dubbi sulla faccenda petrolio, ma solo certezze: le attività estrattive avvenute finora in Terra lucana hanno dimostrato la loro incompatibilità con l'ambiente e con le tante fragilità del nostro territorio. Tanti anni di estrazioni non lasciano dubbi o perplessità, ma solo certezze. Inoltre, la Basilicata conta un centesimo dell'Italia in termini di popolazione, ma conta tanto quanto una qualsiasi altra Regione nel far sentire il suo dissenso allo "Sblocca Italia" e alla sua legittimità ad impugnarlo dinanzi alla Corte Costituzionale. Il Presidente della Regione avverte la necessità di fare informazione e di comunicare, giustamente, alla popolazione le ragioni per le quali lo "Sblocca Italia", nella sua forma rinnovata, rappresenta un "risultato di primordine". Tuttavia, affinché ciò avvenga sarebbe opportuno dire "qualcosa" in più rispetto a ciò che è stato illustrato nella Conferenza Stampa. Durante la visione del video vengono commentate diverse diapositive al fine di illustrate le innovazioni introdotte dallo "Sblocca Italia". Nel video si precisa che "Con riferimento ai titoli abilitativi (titoli minerari rilasciati in regime di concessione) è prevista la pubblica utilità, l'indifferibilità e l'urgenza [...] Ciò rientra tra i principi che sono stati solamente confermati con lo - Sblocca Italia - perché già contemplati nella normativa vigente". La questione dell'esproprio è leggermente più complicata e meno semplicistica di come è stata descritta. Infatti, già con la Delibera n. 9 del 13.10.2014 (n. prot. 3372) dell'Area Programma Vulture Alto Bradano, che si invita a leggere, si precisa che lo "Sblocca Italia" solleva dubbi di legittimità costituzionale per la previsione di un “titolo concessorio unico”, in luogo di due titoli distinti e separati (permesso di ricerca e concessione di coltivazione), proprio per la dubbia applicazione dell'istituto giuridico dell'esproprio. Uno dei dubbi di legittimità riguarda proprio il contenere, da parte del titolo concessorio unico, il vincolo preordinato all’esproprio sin dalla fase della ricerca. I dubbi di legittimità costituzionale, che la previsione del titolo concessorio unico solleva, riguardano il diritto di proprietà dei privati (art. 42 della Cost.). Come già evidenziato dal Prof. Dott. Enzo Di Salvatore, il sottosuolo appartiene al proprietario del fondo fino a quando il giacimento minerario non sia scoperto (e ne sia dichiarata la coltivabilità). Solo a partire da questo momento si ha l’acquisizione del giacimento al patrimonio indisponibile dello Stato. Solamente in questo preciso momento che lo Stato può dare il giacimento in concessione. In questa prospettiva, il permesso di ricerca si configura come un limite al godimento della proprietà. Infatti, l’art. 42 della Cost. ammette che la proprietà privata possa essere espropriata, ma solo per motivi di interesse generale. Nel caso del rilascio del titolo unico, mancherebbe la dimostrazione dell’utilità generale, non essendo ancora stato scoperto il giacimento. Per questo, nonostante si cerchi di mantenere distinta la fase della ricerca da quella della coltivazione, la previsione di un titolo concessorio unico solleva forti dubbi sulla legittimità di sottoporre a vincolo preordinato all’esproprio anche la fase della ricerca.

Nel video, durante la proiezione delle diapositive, si cerca di puntualizzare che la figura della Regione non scompare dall'iter procedurale. Tuttavia, sarebbe stato opportuno fare delle precisazioni. È vero che titolo concessorio unico viene rilasciato dal MiSE, previa intesa con la Regione e dopo aver ascoltato il CIRM e l'UNMIG. È vero che La VIA passa dalle Regioni allo Stato e, come previsto dal D.Lgs. 152/2006, le Regioni sono comunque coinvolte come pure le Province ed i Comuni interessati. È evidente che anche il procedimento esplicato dalla Stato, in materia di VIA, dovrà essere ricondotto ai principi e alle procedure previste dal D.Lgs. 152/2006 dal quale l'Ufficio VIA/VAS ministeriale non potrà prescindere. È vero che alla Regione viene richiesto il rilascio di un parere al Ministero dell'ambiente nei 60 giorni dalla presentazione dell'istanza di VIA, ma sarebbe opportuno completare l'informazione precisando che il parere della Regione, per interventi soggetti a VIA statale, è meramente consultivo/collaborativo, non certo vincolante. L’art. 38 dello “Sblocca-Italia” solleva dubbi di legittimità in relazione alle garanzie sancite dalla Costituzione in favore delle Regione poiché attrae allo Stato la competenza legislativa ed amministrativa degli Enti territoriali riducendoli, nel caso della Valutazione d'Impatto Ambientale, a semplici pareri consultivi/collaborativi. Non dovrebbe passare nell'indifferenza il tentativo secondo il quale la partecipazione della Regione al procedimento viene trattato alla stregua di qualsiasi amministrazione pubblica, chiamata a rilasciare un semplice parere. È evidente il tentativo di anticipare la modifica dell'art. 117 della Costituzione per non aspettare i tempi necessari della riforma costituzionale che richiede almeno altri 3 passaggi parlamentari, a fonte del solo passaggio al Senato già avvenuto, e con l'elevata probabilità di non poter by-passare l'esito del referendum confermativo per assenza dei 2/3 della maggioranza in entrambi i rami del Parlamento. Tutto ciò, e molto altro, andrebbe spiegato e precisato alla popolazione altrimenti si rischia di fornire un'informazione parziale e guidata.

La necessità del Governo, cosiddetto del "fare" senza preoccuparsi molto del "come fare" e del "dove fare", non lascia dubbi sulla sua strategia energetica anche per l'aver previsto che debba essere lo Stato a predisporre il "Piano della Aree" dove consentire le attività di prospezione, di ricerca, di coltivazione idrocarburi e stoccaggio sotterraneo di gas naturale. Non rassicura affatto il sapere che debba essere il Ministro dello Sviluppo Economico, sentito il Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare a definire, tramite un'attività preliminare, a tracciare una sorta di mappatura delle aree territoriali su dove poter ricercare idrocarburi ed eventualmente trivellare. Nella visione del video, una nota di speranza proviene dal Dirigente del Dipartimento Ambiente della Regione Basilicata, dopo aver ricordato quanto previsto dal comma 4 dell'art. 38 circa il limite temporale del 31 marzo 2015 per poter concludere i procedimenti in corso, pena il trasferimento della la titolarità delle procedure di VIA dalle Regioni alla Stato. Il Dirigente ha affermato: "Attribuiremo assoluta priorità ai procedimenti in corso. Noi contiamo, è un impegno che cerchiamo di assumere, che entro il 31 marzo 2015 porteremo a compimento tutti i procedimenti che sono in corso". Si spera che ci sia, quantomeno, una conclusione negativa di tutti i procedimenti in corso al fine di non aggiungere altri titoli minerari a quelli già esistenti: 20 concessioni e 10 permessi di ricerca di cui 7 con decorso temporale sospeso. Se a questo si aggiungesse l'impugnazione dello "Sblocca Italia", per apprezzabili ripensamenti, sarebbe cosa gradita a tanti lucani.

Ing. Donato Cancellara

(Associazione Intercomunale Lucania confederata con Pro Natura)

Con lo Sblocca Italia vengono riportate in capo ai ministeri competenti le autorizzazioni ambientali per le concessioni offshore, mentre per quelle in terraferma si fa riferimento a generiche “intese” -in odore di illegittimità- con le Regioni interessate, tutte in seno ad un titolo concessorio unico (concesso dal ministero dello Sviluppo economico). Per le procedure di Valutazione d’impatto ambientale (Via) relative ad istanze di ricerca, permessi di ricerca e concessioni di coltivazione, invece, la competenza passa al ministero dell’Ambiente e non più alle Regioni.
Secondo uno studio di www.altreconomia.it attualmente, sono circa un centinaio i progetti in corso di valutazione ambientale, tra permessi di ricerca, concessioni e stoccaggi. Se dovessero andare tutti in porto, magari in deroga ai poteri statali, la terra ed il mare delle regioni italiane potrebbero veder aumentare l’incidenza delle attività petrolifere sul proprio territorio, con percentuali preoccupanti: la Basilicata passerebbe da un 35% di territorio interessato ad un 64%, la Puglia dal 7% al 12%, la Sicilia dal 17% al 37%, la Calabria dal 7% al 14%, la Campania dal 6% al 14%, il Molise dal 26% all’86%, l’Abruzzo dal 26% all’86%, il Lazio dal 19% al 33%, le Marche dal 22% al 26%, la Toscana dal 16% al 19%, l’Emilia Romagna dal 44% al 70%, il Veneto dal 4% al 17%, la Lombardia dal 20% al 38% e il Piemonte dall’8% al 16%. Evidente che, in virtù di questi studi, sarà il Sud a pagare il prezzo più alto.

Estrazioni sono incompatibili con territorio e ambiente
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